giovedì 7 novembre 2013

Der blaue engel

"Anche la sua di madre è morta e il dolore non si stempera nonostante gli anni. Quella madre contadina, bella e forte con le gambe muscolose quanto Der blaue engel, si è spenta in un ospizio. Non ce l’ha fatta la figlia ad accudirla in quella grande casa dopo il primo ictus e la demenza senile farsi strada verso l’ossessione e la follia. L’ha riconosciuta fino alla fine, solo lei e l’infermiera, nessun altro riconosceva. Ma il senso di colpa gli serra la gola come  gli anelli d’ottone intorno al collo delle donne-giraffa del Myanmar, le toglie il fiato. L’ha amata quella madre a cui non assomiglia e dalla quale non si è mai sentita veramente riamata, sempre uno scalino più in basso del fratello, quel fratello tanto più grande che non c’ha mai legato, la piccola di casa, la cocca di papà. E in fondo la sua vita è sempre stata gestita dagli uomini, il padre prima, col fratello e poi il marito, ma una vita sua non l’ha mai veramente vissuta. E’stato come trovarsi davanti a dei nastri trasportatori delle catene di montaggio e lei faceva azioni meccaniche, quelle che le venivano spiegate, neanche poi tanto. “Spinga, signora spinga, no non così”. Sorride la madre al pensiero del primo parto, di quel dolore lacerante così presto dimenticato eppure intenso quanto la fitta provocata da un calcolo renale. Ma quando scompare quel dolore non lascia traccia e invece delle tue urla ci sono altre urla, quelle del bambino, ancora sporco di sangue e liquido amniotico legato a te da quel cordone come la fune che trattiene una mongolfiera piccola piccola in mano all’infermiera e poi la tagliano e lei comincia a volare nel cielo sempre più lontano: certe volte si perdono nelle nuvole i figli e non li scorgi più e ti domandi veramente se li hai messi al mondo. Quella volta aveva spinto sempre e alla fine aveva un collo paonazzo largo e gonfio così: “Gliel’avevamo detto di non spingere signora!”. Le madri sono sempre maldestre la prima volta, ma poi imparano fingono di essere già brave, ma hanno paura di commettere degli errori. 
Quel figlio era bellissimo, se lo ricorda come fosse allora, con gli occhi del padre, il suo, il dolce bidello, grigio-azzurri come quelli della nipote. E rideva sempre quel figlio, tutto l’ospedale glielo diceva: “Quant’è bello signora, quant’è bello!”. Era stato il suo amante-bambino in quegli anni bui di luce in Friuli, lei e lui, sempre, in simbiosi, triste quando lui era triste, malato, quando lo era lui. Mangiava poco, perchè lei aveva latte come burro e bastava una poppata breve, ma lei si angosciava, nonostante il figlio fosse ben pasciuto e si era esaurita a forza di pensare che sarebbe morto se non lo costringeva a mangiare. Così una mattina l’aveva portato dal pediatra e quel vecchio pazzo le aveva mollato un ceffone in piena faccia, sì una sberla che l’aveva fatta trasalire e le aveva ordinato dei tranquillanti, per lei non per lui, ma i suoi nervi erano restati fragili quanto le sottili colonne arabescate del Duomo di Milano che ora dentro hanno un’anima di cemento, ma lei no. Prima o poi le volute e le cupole, verranno giù insieme ai colori di vetro e ai ghirigori di marmo e a tutti i comignoli e le migliaia di statue abbarbicate sulle punte e il rumore sarà assordante e la polvere bianca come galaverna oscurerà il sole."(Enricomaria Bertelli, Una famiglia)

lunedì 4 novembre 2013

The Grove

In certe mattine, quando la bruma s’infittisce con le nuvole basse dall’oceano e la punta delle colline diventa rarefatta, ti sembra di scorgere delle ombre con i chaps di pelle nera e gli harness a incorniciargli i pettorali stanchi come certi diamanti di Elisabeth Taylor ai tempi fastosi di Cleopatra. Sono anime dolenti che non prendono il tram e si trascinano da un bar all’altro sotto le bandiere dai sei colori senza più il rosa del sesso e la magia del turchese.

Make love your goal.

Camminare a Castro è come avventurarsi nelle foreste vietnamite, tra le ossa dei Vietcong e il ricordo acre del napalm statunitense che ha bruciato le foglie e i fili d’erba e la pelle e i vestiti della gente. La foresta pluviale è di nuovo fitta, ma non riesce a nascondere il dolore della guerra vinta.
In ogni locale e club e discoteca leggi cartelli che inneggiano al safesex. In certi posti K. è costretto a leggere in inglese cos’è il safesex a voce alta, per essere sicuri che il concetto è chiaro, che se ti scoprono a farti scopare senza rubber sono cazzi, nel senso che ti sbattono fuori. Evidentemente l’eutanasia non è contemplata.

Keep the vampires from the door.

Un pomeriggio K. è da solo. Enrico è andato a farsi bello in palestra o a farsi qualcuno di bello in palestra. 

I walked the avenue till my legs felt like stone 
I heard the voices of friends vanished and gone.

 Ha voglia di piangere, ma non vuole farlo da solo, quindi si mette in cammino verso Compostela lungo Market street giù giù fino al parco del Golden Gate dove le mamme portano i bambini a giocare e gli studenti si baciano sull’erba e qualcuno gioca a golf, ma se ti addentri verso il primo laghetto c’è un posto incantato, una piazzetta circolare che sembra la via di Hollywood dove le star del cinema fanno le impronte sul cemento. Qui non ci sono le tracce delle scarpe o delle mani, ma solo i nomi di gente comune che nulla aveva in comune tranne il virus. I morti sono scritti sul cemento partendo dal centro in una spirale di dolore, dove qualcuno lascia dei fiori, lì, ad appassire. The Grove lo chiamano.
The AIDS Memorial Grove- S. Francisco
E K. arriva in silenzio e in silenzio si siede intorno a quei nomi guardando altre persone che come lui arrivano silenziose e piangono piano, quasi per non disturbare. E K. lascia un fiore bianco che ha appena rubato da un’aiuola e piange anche lui facendo pace con se stesso e perdonandosi per essere stato disattento.
Ich bin gesund

Enricomaria Bertelli, Come il mare in un bicchiere

(“Sto bene”, era la frase che gli ebrei internati erano costretti a scrivere alle famiglie per tranquillizzarle. Avveniva spesso che alla lettera dallo stereotipato contenuto "ich bin gesund" seguiva qualche giorno dopo il telegramma che annunciava la morte. I parenti non sapevano che con 15 righe vergate sulla carta da lettere del campo, sottoposte alle censura delle SS, il prigioniero aveva diritto di dire soltanto notizie positive e non poteva assolutamente scrivere la verità sulle difficili e inumane condizioni in cui si trovava.)

membri emeriti