lunedì 7 ottobre 2013

Les inconnus du lac

Il lago di Lamartine è il lago della solitudine, dell'otium, della giovinezza, del tempo che passa, dei ricordi dolciamari della passione forte e leggera più che dell'amore.

"Aimons donc, aimons donc ! de l'heure fugitive,
Hâtons-nous, jouissons !
L'homme n'a point de port, le temps n'a point de rive ;
Il coule, et nous passons ! "

Temps jaloux, se peut-il que ces moments d'ivresse,
Où l'amour à longs flots nous verse le bonheur, 
S'envolent loin de nous de la même vitesse
Que les jours de malheur ?"

(Alphonse de Lamartine, Le lac, 1790)

Durante la visione di quel film inusuale e innovatore che è "L'inconnu du lac" di Alain Guiraudie ho pensato spesso a quelle meditazioni romantiche francesi dei miei anni liceali. Nel film c'è l'acqua e la luce e il vento, il resto è corollario. Non c'è trama, se non esilmente ricamata intorno a un omicidio. C'è il sesso esplicito come non mai tra uomini. Ci sono corpi e cazzi, più che visi, falli più che nomi come difatti è tradizione nei luoghi di battuage o drague che dir si voglia. E' il lago il vero protagonista, lo stormire delle fronde degli alberi, dei pioppi e delle quercie, la sua indifferenza, la sua calma nè benevola nè malevola. E' un ventre materno che accoglie allo stesso modo corpi vivi nuotanti e corpi morti affoganti. Sopra al lago e alle foglie si scorgono le nuvole fluttuanti nel cielo testimoni delle passioni esili degli uomini, dei loro fremiti, delle loro inutili ricerche, del loro errare nella foresta della vita alla ricerca di un amore senza nome.

"Que le vent qui gémit, le roseau qui soupire,

Que les parfums légers de ton air embaumé,
Que tout ce qu'on entend, l'on voit ou l'on respire,
Tout dise : Ils ont aimé !"(ibidem)






Il lago è anche la chusura eremitica dal Mer de la Passion della Carte du Tendre settecentesca dove si gettano i fiumi del Tenero e della Riconoscenza. E' una dolce prigione pigra e indolente e indifferente, dove una comunità elitaria si guarda senza vedersi, si scopa senza amarsi, si saluta senza conoscersi.
Le rocce restano sempre uguali e le onde restituiscono solo onde. Tutto si ripete serialmente senza senso, giorno dopo giorno, e la notte ci inghiotte soli e ciechi.

"Éternité, néant, passé, sombres abîmes,
Que faites-vous des jours que vous engloutissez ?
Parlez : nous rendrez-vous ces extases sublimes
Que vous nous ravissez ?"(ibidem)

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