sabato 25 gennaio 2014

il pupazzo di neve


"C’era una volta nella stanza di là “la vedi quella porta a vetri con le persiane abbassate? Te basta che la apri quella porta e passi direttamente nella stanza di là” un ragazzo bellissimo, più giovane di te. Era biondo con degli occhi verdi come le foglie delle calle che sembrano ancora più verdi quando si aprono i tubi bianchi dei fiori. Era gay, non so non lo diceva a nessuno, parlava di viaggi lontani in Africa e l’ultimo nell’isola di Djerba dove gli uomini ti sorridono e cavalchi con loro sui cavalli in spiaggia, ma anche senza cavalli cavalchi. Di sicuro era già malato prima d’approdare in Tunisia e aveva deciso di morire senza più desideri mangiando tutti i datteri conservati nella giara, all’ombra dell’oasi, raschiando il fondo. Quando era arrivato lì in quel reparto, sapeva che la vita stava gocciolando via come un pupazzo di neve dimenticato al sole che si scioglie piano diventando sempre più piccolo fino ad assomigliare a una palla di neve e poi più nulla. “Non è vero che noi infermiere non ci frega niente di voi malati, se no non sarei qui con te stanotte che ti senti solo e si vede. E’ che devi difenderti dal dolore che sennò non sopravvivi. Come si fa ad amarvi tutti? E a reggere le vostre partenze? Mica perché morite tutti eh, ma anche quando ve ne andate rimane un po’ di solitudine nel reparto e mica ci si rivede per andare al cinema.” Una notte l’aveva chiamata piangendo che sentiva d’essere diventato leggero e non riusciva più a stare attaccato al letto e gli sembrava di volarsene via e poi non aveva più parlato, né con lei né con nessun altro fissando il cielo nel soffito che era diventato di cielo. E lei, la bionda infermiera senza soprannome, ma con un cuore grande così era andato a salutarselo il suo piccolo pupazzo di neve che l’avevano trasferito in terapia intensiva. Un pupazzo di neve bianco bianco senza la carota al posto del naso ma con un tubo tanto infilato nella bocca fino ai polmoni. E quando l’avevano portato via era rimasta con la mano ancora a pugno sulle lenzuola sporche e nella cappella dell’ospedale non c’era nessuno a salutarlo a parte lei e il sole."(Enrico Maria Bertelli, "Come il mare in un bicchiere")

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